L’identico e il differente
Ass. culturale Borgovico 33, Como
Testo di Bettina Della Casa
Show / English Version


Un’opera, si sa, parla da sè. Per Daniela De Lorenzo tale affermazione è ancora più vicina al vero, quasi letterale. L’installazione sonora presentata negli spazi di Borgovico 33 propone infatti - tra altri lavori - alcuni brani rivelatori tratti dallo scritto Il Riso. Saggio sul significato del comico (1900) del filosofo francese Henri Bergson. I frammenti di testo - recitati da una voce femminile - si alternano al suono di respiri di varia modulazione e intensità. Ascoltiamo in sottofondo alcune frasi:

…L’immaginazione poetica non può essere che una visione più completa della realtà. I personaggi che crea il poeta ci danno l’impressione della vita perché sono il poeta stesso, il poeta moltiplicato, il poeta che approfondisce se stesso in uno sforzo di osservazione interiore così potente da afferrare il virtuale nel reale e da integrare, per farne un’opera completa, ciò che la natura lasciò in lui allo stato di abbozzo o di semplice progetto…


Parole che - nel porre il problema dell’identità tra il poeta (l’artista) e la sua opera - sembrano alludere agli altri lavori presenti in mostra: Senza titolo, una scultura in feltro bianco di grandi dimensioni che si sviluppa verticalmente al centro della chiesa e Lei autoritratto fotografico a colori; nello spazio adiacente Ritrarsi , una serie di quattro fotografie, anch’esse autoritratti a colori. Come in un coro liturgico (la chiesa, sconsacrata da tempo, conserva memoria dei suoi riti e si presta efficacemente a tali sonorità), la voce narrante orienta lo sguardo dell’osservatore verso il soggetto delle opere: l’Io (dell’artista? il nostro ?), ritratto, auto-ritratto, moltiplicato, sempre uguale a se stesso eppure declinato in diverse variazioni. I respiri che interrompono la lettura dei testi rivelano una voce interiore, priva di verbo, a cui viene delegata la modulazione di quel coefficiente di indicibilità che risiede in ogni individuo e in ogni opera che lo ritrae.

L’irrafigurabilità del soggetto, l’ambiguità della figura, il mistero dell’identità concorrono a configurare un universo in cui ogni possibile definizione individuale si rovescia in metamorfosi, in un indefinibile assoluto. L’identico e il differente è il titolo scelto dall’artista per questa esposizione: ogni opera dialoga con le altre nell’indagine attorno a quesiti essenziali: esiste una verità del soggetto ritratto ? e dell’autoritratto ? L’artista sembra optare per la rinuncia alla rappresentazione di un “soggetto assoluto” , del tutto separato dall’esteriorità, colto di per sè, per formulare altre ipotesi attraverso i suoi strumenti privilegiati: la scultura e la fotografia. In entrambi tuttavia si muove ai margini, frequenta spazi inusuali. Le sculture in feltro cifra ricorrente della sua produzione, si affermano nell’opposizione del “farsi-disfarsi”, mentre le fotografie realizzate con l’autoscatto, si definiscono nella dialettica del “mostrarsi-ritrarsi”.

Senza titolo, la scultura in feltro bianco sospesa al centro della chiesa a dominare l’intero spazio, è costituita da figure antropomorfe allineate verticalmente, “abiti disabitati” che si sostengono e trattengono reciprocamente, definiti da un modello sempre uguale che assume sembianze sempre diverse in ognuna delle tre versioni. Le forme sono determinate dal complesso gioco di cuciture e pieghe del materiale; la linea curva, la piega rappresentano infatti per Daniela De Lorenzo un vero strumento linguistico. Il feltro prende vita, volume e plasticità nel gioco delle piegature, è assente ogni istanza compositiva, domina invece il principio dell’“in-formare”, del prendere forma della materia secondo sue proprie ed indefinite variazioni. La piega diviene codice espressivo per dar vita alla formulazione di un universo intimo, un “ripiegamento” interiore, in cui il mistero dell’identità, della praticabilità dell’autoritratto diviene elemento di indagine primaria. Le fotografie-autoritratti, Lei e Ritrarsi, sono state scattate dall’artista con il diaframma della macchina aperto e lunghi tempi di posa. Il movimento oscillante e ripetuto del soggetto (in questo caso Daniela stessa) viene a creare un movimento sfumato. Il pesante abito di feltro indossato altera la postura e il movimento dell’artista determinando un senso di caduta trattenuta. La figura tende a scomparire per dare evidenza agli spostamenti infinitesimali che definiscono l’immagine. L’immagine sgranata disattende così l’uso classico della fotografia come mezzo atto a registrare un preciso evento in una dimensione spazio-temporale, per creare invece un’immagine che lo sguardo diretto non potrà mai cogliere come definitiva. L’artista pare voler affermare l’impraticabilità della rivelazione del soggetto come identità univoca (il titolo della serie fotografica Ritrarsi allude al doppio significato di “tirarsi indietro” e di “ritrarre se stessi”), per privilegiarne la struttura, la sua ex-posizione, al di fuori, dietro o davanti.

Gli autoritratti di Daniela De Lorenzo colgono insomma il fluire del tempo attorno al soggetto: la figura scultorea diviene fantasma, l’hic et nunc della fotografia come istantanea viene abbandonato per abitare quello della durata. Il luogo privilegiato dell’opera di Daniela De Lorenzo si definisce allora tra il “non più” e il “non ancora” dell’immagine in equilibrio tra materialità e icasticità. La materia, scultorea o fotografica, viene modulata per creare immagini nitide, incisive, memorabili che sussistono nella loro autonomia senza mai cedere alla consecutio narrativa. L’artista non racconta nulla di sè nei suoi autoritratti, si arresta ad uno stadio precedente: fa luce - in una sua personale filosofia del soggetto - sugli eterni e sempre fondamentali concetti di identità e diversità… non è dato narrare ciò che non è dato conoscere.


Bettina Della Casa Lugano 2003.